Guerra Ucraina
Le due guerre e la asimmetria delle reazioni: la trappola anti-Israele e i pacifisti che non conoscono l’ambasciata russa
Al di là di tante elucubrazioni sofisticate che abbiamo letto in questi giorni, ecco purtroppo che la dura realtà si impone con la sua brutalità. A parte quello che è avvenuto nei giorni passati, già molto significativo, ieri un cannone piazzato in territorio russo ha sparato sulla Ucraina provocando almeno 50 morti. Precedentemente la Russia aveva bombardato in modo sistematico le infrastrutture ucraine. L’obiettivo di Putin era ed è evidente: per un verso spargere il terrore spingendo altre migliaia di ucraini a fuggire dal loro Paese, per altro verso egli punta a distruggere in maniera sistematica le infrastrutture ucraine in modo che quando fra poco arriverà l’inverno, larga parte della Ucraina sarà ridotta la gelo e al buio.
Allora, stando alle sofisticate posizioni da un lato di Tajani e dall’altro lato della Schlein, gli Ucraini dovrebbero utilizzare le armi avute da altri Paesi solo all’interno del loro territorio ma inibendosi di rispondere a quei cannoni che li stanno massacrando sparando dal territorio russo. Posizione del tutto illogica per chi, ne siamo certi, sia per Tajani che per la Schlein, è sinceramente solidale con l’Ucraina e contraria alla aggressione. Francamente sul piano di una cinica real politik è invece comprensibile la linea di Salvini, Travaglio, Conte che sono esplicitamente putinisti e che da sempre sono contrari all’invio di armi in Ucraina, ma con l’esplicito obiettivo di costringerla ad una resa (che loro chiamano pace solo per indorare la pillola).
Israele, il Netanyahu prima del 7 ottobre
Anche per Israele va fatto un ragionamento che si misura con la realtà: Netanyahu ha colpe gravissime ma per ciò che è avvenuto prima del 7 Ottobre, quando ha creduto alla operazione di dissimulazione fatta da Hamas che gli ha comunicato che il suo terrorismo era più una sceneggiata che non una realtà e che invece andava realizzata una intesa fra le parti per isolare l’Autorità palestinese.
Netanyahu ha creduto a tutto ciò. Ha tacitato quella parte di servizi e di analisti che gli spiegavano che Hamas stava preparando ben altro, ha spostato l’esercito in Cisgiordania per sostenere i coloni che stanno invece seguendo una linea avventurista ed estremista. Come si vede errori di non poco conto.
Dopo il massacro, Bibi non poteva fare altrimenti
Dopo il 7 Ottobre, però, Netanyahu non poteva che fare quello che ha fatto, cioè rispondere con la guerra per riconquistare la deterrenza perduta. Come ci insegnano anche gli Usa alla fine del secondo conflitto, la guerra è fondata su colpi durissimi che sono ben diversi da quello che è il genocidio, specie se là si deve fare contro Hamas che si sta servendo in modo sistematico come copertura sia degli Israeliani rapiti, sia dei due milioni di palestinesi alla cui vita Hamas non si interessa. In questo quadro, allora, i responsabili dell’assassino dei rapiti sono i terroristi di Hamas, non l’esercito israeliano e neanche Netanyahu. Hamas sta usando, con grande cinismo e abilità mediatica i rapiti per dividere gli israeliani e per influenzare l’opinione pubblica occidentale, parte della quale non chiede altro. Sarebbe però gravissimo cadere in questa trappola.
Una ultima osservazione per cogliere la asimmetria delle reazioni. Di fronte ai 50 ucraini uccisi dai bombardamenti russi, finora non abbiamo visto significative reazioni, né abbiamo notizie della preparazione di manifestazioni davanti alla ambasciata russa da parte dei pacifisti che ne hanno fatte finora tante contro Israele.
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Guerra Ucraina
Netanyahu tra solidarietà di Trump e l’avvicinamento a Putin: Russia arbitro Medio Oriente, l’idea che piace a Donald
Tutti gli israeliani dicono di sentirsi oltraggiati e abbandonati per la sciagurata emissione del mandato di cattura della Suprema corte dell’Aja contro Bibi Netanyahu, trattato allo stesso livello dei terroristi di Hamas. E per la scarsa solidarietà internazionale nei confronti Israele. Lo sdegno è unanime, e persino più clamoroso quello degli avversari politici del primo ministro. Si può dire che sul piano interno, mai come in questo momento Netanyahu è stato tanto forte, benché sia costretto a presentarsi in aula per il processo in cui è accusato di corruzione. Ma Israele, in questo momento, incassa quanto di più solido possa avere: la solidarietà totale di Donald Trump, il più potente alleato dello Stato ebraico come è mostrato anche dai murales fotografici a Tel Aviv in cui sul volto del Presidente americano eletto si leggono le parole “Trump, fai tornare Israele di nuovo grande”, ispirate al motto Maga.
Mentre il mondo aspetta l’insediamento di Trump, il presidente ancora in carica, Joe Biden, tenta di governare la politica estera degli Stati Uniti (per quanto riguarda il Medio Oriente) sulla stessa linea del suo successore (e predecessore): ha posto il veto alla proposta di risoluzione dell’Onu che ordina una cessazione del fuoco a Gaza, ma senza condizionarla al rilascio degli ostaggi ancora in vita. Una tale proposta è stata considerata inaccettabile da quasi tutte le democrazie del mondo e Biden ha poi dichiarato nullo e inefficace negli Stati Uniti il mandato di cattura emesso dalla Suprema corte dell’Aja, il braccio giudiziario dell’Onu, che ha già emesso un mandato di cattura per Vladimir Putin accusato di aver fatto deportare in Russia migliaia di bambini ucraini strappati alle loro famiglie dopo l’inizio dell’invasione. I Paesi che avevano proposto la risoluzione che ordinava l’immediata cessazione dei combattimenti senza fare alcun accenno alla sorte degli ostaggi ancora in vita sono dieci e il loro documento è stato bloccato dal rappresentante americano all’Onu usando il diritto di veto riservato ai Paesi vittoriosi nella Seconda guerra mondiale. Anche Biden è d’accordo: i mandati di cattura emessi dall’Alta Corte dell’Aja non hanno alcun valore sul suolo americano nel programma repubblicano la diffidenza nei confronti dell’Onu è dichiarata.
Nel frattempo, Trump ha rilasciato una lunga dichiarazione in video del tutto inusuale e decisamente antirusso. Affermando che sotto la sua amministrazione “gli Stati Uniti proteggeranno tutti i loro alleati (senza nominarli ma riferendosi all’Europa) minacciati dai lanci di qualsiasi tipo di missile a corta o lunga gittata. E ha aggiunto che gli Usa non permetteranno ad alcuno di intimidire Paesi alleati e indipendenti. Si tratta di un vero capovolgimento della sua dottrina anti-Nato che minacciava l’abbandono degli alleati che non spendono abbastanza nella difesa.
Il suo discorso è arrivato a poche ore dal lancio di un nuovo missile russo: un missile sperimentale a testata multipla, creato per far partire un ventaglio di diverse testate nucleari. Il missile che è stato usato era armato con esplosivi convenzionali, ma la sua specificità – medio raggio per bersagli multipli – sta nel messaggio implicito: siamo pronti ad usare questo prototipo come vettore nucleare. Per rafforzare il significato, il ministero della Difesa russo ha an nunciato il suo lancio al Pentagono americano trenta minuti prima. L’uso di questa nuova arma assume un significato sinistro se si considera che viene subito dopo la diffusione della cosiddetta dottrina miliare atomica russa secondo la quale il Cremlino considera suo diritto lanciare atomiche contro i Paesi che possiedono armi nucleari e che armano l’Ucraina con missili convenzionali a lunga gittata. Per ora i Paesi che hanno fornito missili a lungo raggio all’Ucraina (che li ha subito usati) sono gli Stati Uniti e il Regno Unito.
Ma ecco una seconda sorpresa che riguarda la politica estera di Trump. Ne dà notizia principalmente il Wall Street Journal, ma non solo. La premessa che è sfuggita per lo più a tutti è che Israele ha ripreso i rapporti con la Russia di Putin, dopo lo sdegno per la solidarietà del presidente russo nei confronti di Hamas i cui capi furono ricevuti al Cremlino con tutti gli onori dopo i crimini del 7 ottobre 2023. La Russia ha rilanciato il suo rapporto riservato se non segreto con Israele. In questi anni la Russia, più ancora dell’Iran, ha rifornito il movimento sciita di Hezbollah con armi di alta qualità da usare contro Israele. Israele è stata informata sia dagli americani che dagli stessi russi che hanno aperto un tavolo di trattative con Israele (di cui è ben a conoscenza Trump, come la Casa Bianca e il dipartimento di Stato) per trovare una soluzione che chiuda le due guerre – Ucraina e Medio Oriente – concedendo qualcosa alla Russia in cambio di una certa flessibilità con Kiev.
L’idea, caldeggiata da Trump e con il consenso di Israele, sarebbe quella di concedere alla Russia un ruolo di arbitrato e di influenza sul Medio Oriente, un’area dalla quale gli Stati Uniti vogliono ritirarsi salvo mantenere una presenza militare che garantisca Israele. Israele sarebbe sollevata dall’incubo degli Hezbollah che lascerebbero il Libano e potrebbe dare inizio con l’Arabia Saudita al famoso “Accordio di Abramo” per un rinascimento tecnologico e commerciale in tutto il Medio Oriente, relegando ai margini il regime di Teheran che in questo momento è sotto sorveglianza internazionale per aver violato gli accordi sull’uranio arricchito.
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Guerra Ucraina
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