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Guerra Ucraina

Patuanelli parla come il Cremlino, le parole contro l’Ucraina sembrano un comunicato russo

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Il Re è nudo. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, bacchettando l’incursione di Kiev sulla russa Kursk, non esprimeva una opinione personale ma anticipava la posizione del governo: no all’uso di armi italiane per l’offensiva ucraina sul territorio russo. Una linea diversa da quella dell’Unione europea, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Tanto che i partner ritengono necessario specificarlo. L’operazione nella regione russa di Kursk «non cambia» il sostegno del Regno Unito a Kiev, ha detto ieri Keir Starmer: «La nostra posizione è che rimaniamo al fianco dell’Ucraina fin quando sarà necessario e siamo fermi nel nostro impegno a fornire assistenza militare».

La marcia autarchica

L’Italia dunque continua nella sua marcia autarchica in piena presidenza del G7, scommettendo (contro gli ultimi sondaggi) sulla vittoria di Donald Trump a novembre e predisponendosi ad allentare gli aiuti a Zelensky nel segno delle indicazioni di Trump, che nella conversazione con Elon Musk ha mentito, dicendo che gli Usa hanno dato molto più dell’Unione europea a Kiev. La distrazione generale di Ferragosto consente al governo di muoversi – anche tra le due guerre in corso – con rinnovata disinvoltura. Disimpegno ad Est e perfino una prolungata pausa verso Bruxelles. Quasi tutti i governi degli Stati membri Ue hanno recapitato la lettera che reca in calce il nome (o i nomi) dei commissari da nominare. L’Italia no. E Ursula von der Leyen ha detto di voler chiudere la pratica entro il 15 agosto. Ormai ci siamo, ma a Palazzo Chigi qualcuno ama la suspense. Vuole arrivare all’ultimo minuto.

Le preghiere all’Iran

Sull’altro conflitto, quello in Medio Oriente, la vicinanza a Israele si limita a firmare un “invito alla moderazione”, una specie di preghiera all’Iran. Sostegno militare a Tel Aviv, neanche a parlarne. Conforto morale, invece sì. Il telefono, recitava una pubblicità di tanti anni, allunga la vita. Così la premier Giorgia Meloni, nell’ambito dei contatti che sta intrattenendo sulla crisi in Medio Oriente, ha avuto ieri una nuova conversazione telefonica con il primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu. La nota di Palazzo Chigi precisa: «Nel riconoscere il diritto all’autodifesa di Israele, la presidente del Consiglio ha sottolineato l’importanza di una de-escalation a livello regionale, incluso lungo il confine israelo-libanese dove è presente la forza di interposizione delle Nazioni Unite, Unifil, in cui l’Italia gioca un ruolo di primo piano».

Patuanelli come il Cremlino

Poi c’è il caso del Movimento Cinque Stelle. Giuseppe Conte è in vacanza ma non vuole farci mancare mai il suo prezioso punto di vista. È indignato per Israele, si precipita a dire che dall’Italia non deve essere dato alcun sostegno militare, ma dimentica completamente di condannare Hamas. Si dice preoccupato per l’avanzata ucraina in Russia, mentre quella russa in Ucraina non destava poi tanta pena. L’ex ministro Stefano Patuanelli va in tv per dire: «La controffensiva ucraina apre scenari molto pericolosi, non possiamo continuare a inviare armi. Se vogliamo far fare la guerra a qualcuno in nome dell’Occidente, non va bene. La Russia ha utilizzato per la prima volta un’arma pericolosa, non vogliamo pensare a quello che può succedere se questa escalation dell’invasione militare del territorio russo non finirà il prima possibile». Sembra un comunicato del Cremlino, ma confermiamo: lo ha detto davvero Patuanelli. A La7. Pefino il Pd, con Gianni Cuperlo, decide di rispondergli: «Col M5S ci sono differenze, noi crediamo serva il sostegno anche militare di Kiev. Condividiamo l’urgenza di individuare un canale politico-diplomatico che finora non c’è stato».

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Guerra Ucraina

Il drone-rebus che stana i russi

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Il missile “Palyanytsia”: è il nome del pane che le spie di Mosca non sapevano pronunciare

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Guerra Ucraina

Armi Ue in Russia, l’Italia lancia il campo “orbániano”: le 4 eroiche eccezioni Gualmini, Picierno, Salini e Princi

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Altro che bipolarismo. A Strasburgo tutti insieme appassionatamente (con tre lodevoli eccezioni), una sorta di nuova unità nazionale contro l’Europa “guerrafondaia”. Succede al Parlamento europeo durante il voto sulla risoluzione per il sostegno all’Ucraina. Il “famigerato” articolo 8, quello che revoca le restrizioni per l’uso delle armi occidentali in territorio russo, incredibilmente vede compatti gli eurodeputati italiani di Fratelli d’Italia, del M5S, della Lega, di Avs, del Pd e di Forza Italia, in pratica l’intero arco parlamentare che vota per mantenere il divieto.

Eurodeputati italiani compatti, le 4 eccezioni

Una nuova versione di “pasta, pizza e mandolino” con una spruzzata di stop per l’Ucraina. Solo quattro gli eurodeputati italiani che votano a favore della revoca come i loro gruppi europei di appartenenza (Ppe e S&D): Massimiliano Salini e Giuseppina Princi di Forza Italia, la vicepresidente Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini del Pd. Contrari tutti gli altri deputati europei eletti in Italia che finiscono in minoranza, l’aula approva infatti l’articolo con 377 voti a favore, 191 contrari e 51 astenuti.

Il fritto misto sul voto finale

Sul voto finale, invece, il “bipolarismo” va in frantumi: scompare l’unità nazionale, ritorna in auge il fritto misto. Il centrodestra vota compatto a favore del sostegno all’Ucraina, con la vistosa eccezione della Lega; il campo largo si scompone, con il sì di una parte del Pd (e con l’eloquente astensione di due fiori all’occhiello di Elly Schlein: Cecilia Strada e Marco Tarquinio), il no del M5S (risorge l’antica maggioranza del Conte uno), dei Verdi (in dissenso dal loro gruppo) e di Sinistra italiana. Ne esce indubbiamente non una bellissima rappresentazione della politica italiana, che si distingue dal resto d’Europa su un punto chiave: la possibilità che l’Ucraina possa rispondere ad “armi” pari all’aggressione inferta dalla Russia.

Lo spiega l’eurodeputato Sandro Gozi, membro della presidenza di Renew: “Chi oggi ha votato in maniera contraria al punto 8 della risoluzione ha fatto un favore alla Russia. La difesa del popolo ucraino, che si batte ogni giorno per i nostri valori di libertà e democrazia, non si fa soltanto con le passerelle dei ministri o sventolando bandiere all’occorrenza, ma attraverso decisioni come questa”. Una responsabilità che si assumono la presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, e che riguarda pesantemente anche il Nazareno.

Il voto che distrugge il campo largo

Il voto di ieri a Strasburgo, di fatto, “distrugge” il campo largo. Una dissoluzione prevista e peraltro già lampante due settimane fa nel corso di un confronto sulla politica internazionale al Forum Ambrosetti. Elly Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni hanno posizioni diametralmente opposte tra loro sui temi più dirimenti: Unione europea, reazione a Putin, Medio Oriente. Con un paradosso: il partito di Giuseppe Conte e quello dei gemelli dell’Alleanza Verdi e Sinistra sono molto più allineati alle posizioni del “vituperato” Generale Vannacci.
Fragilissimo anche l’equilibrio in casa Pd, dove di fatto l’area riformista di Lorenzo Guerini appare sempre di più come separata in casa. Elly Schlein però è riuscita in un “miracolo”: allontanare la delegazione italiana dalle posizioni maggioritarie nel gruppo europeo socialista. E anche qui, un altro paradosso: l’inattesa (come si è autodefinita nel libro appena edito da Feltrinelli) in questo modo ha fatto un passo verso Giorgia Meloni (il governo Italiano è contrario alla revoca del divieto alle armi occidentali fuori dal territorio ucraino).

Il coraggio e l’eroismo di chi si è distinto anche da Tajani

Restano qua e là posizioni isolate. Intanto l’amarezza del libdem Andrea Marcucci, che partecipò all’avventura elettorale di Stati Uniti d’Europa: “Ecco il prezzo di non avere eletti liberali”. La coerenza del riformista dem, Filippo Sensi: “Approvata a larghissima maggioranza – 425 voti favorevoli – la risoluzione di sostegno del Parlamento Ue all’Ucraina, compreso il richiamo a poter colpire in territorio russo. L’Europa dalla parte giusta”. Il coraggio delle due eurodeputate Pd, che hanno annunciato in anticipo il loro voto favorevole, la vicepresidente Pina Picierno ed Elisabetta Gualmini – sapendo di dare un dispiacere al capo delegazione Nicola Zingaretti – e di Giorgio Gori, non presente in Aula ma che avrebbe votato come loro. L’eroismo degli azzurri Giuseppina Princi e Massimiliano Salini, che si distinguono dal loro segretario nonché capo della Farnesina.

Seppure in modo meno dirompente, un problema ce l’ha anche la maggioranza di governo, ed è il solito dall’inizio della legislatura: si chiama Matteo Salvini. Le posizioni della Lega sono sempre conflittuali con la presidente del Consiglio, una divaricazione che non si registra solo sullo scenario internazionale. Via Bellerio ha e avrà nei prossimi mesi nel “mirino” Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione Ue che ha appena designato un ex ministro, collega del segretario della Lega, nella nuova Commissione. I Patrioti (casa europea della Lega e dell’ungherese Orbán) gli faranno la guerra? Certo, mai come questa volta alla plenaria del Parlamento europeo, “gli italiani si sono fatti riconoscere”. E non è un complimento.

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Guerra Ucraina

Zelensky, missione Usa. Visita da Trump e Harris per il “piano della vittoria”

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Il leader ucraino nei prossimi giorni negli States. Stoltenberg: “No a una Minsk 3”

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