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Stop del gas russo in Ucraina ma sono i filoputiniani i primi a pagare: Transnistria al gelo
Lo stop al transito del gas russo in Ucraina rappresenta un enorme punto interrogativo. L’Unione europea ha garantito che non ci saranno ripercussioni pesanti sull’offerta di energia, anche se molti temono l’aumento dei prezzi.
Dalla Slovacchia, il primo ministro Robert Fico ha messo nel mirino il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, accusandolo di volere “sabotare” l’economia di Bratislava e quella europea e ha minacciato contromisure. Per una questione “degna di una reazione sovrana da parte di una Slovacchia sovrana”, ha garantito Fico. E intanto, un prima vittima collaterale dello stop al gas di Mosca in Ucraina è paradossalmente (ma non troppo) proprio una regione filorussa: la Transnistria. La repubblica separatista, che dal crollo dell’Unione Sovietica ha deciso di rimanere fedele al Cremlino dichiarandosi indipendente dalla Moldavia, è completamente dipendente dalle forniture di gas russo. Ma senza più il passaggio attraverso il territorio ucraino, la situazione per la Transnistria appare sempre più difficile. E lo è inevitabilmente anche per la Moldavia.
Vadim Krasnoselsky, leader separatista, ha ammesso da subito le difficoltà per la propria regione, dicendo che le riserve di gas sono ridotte all’osso. Forse utili per mandare avanti la sua “repubblica” per dieci giorni. Venti se si considera solo la parte meridionale. Il piano d’emergenza è scattato immediatamente dopo l’annuncio di Kiev e di Gazprom. E Sergei Obolonik, primo vicepremier della regione filorussa, ha confermato lo stop di tutte le attività industriali “ad eccezione di quelle impegnate nella produzione alimentare, ovvero quelle che garantiscono direttamente la sicurezza alimentare della Transnistria”.
Una crisi senza precedenti e che è difficile da gestire non solo per il presente, ma anche per il futuro. Perché se per Obolonik “è troppo presto per giudicare come si svilupperà la situazione”, quello che appare chiaro anche al governo separatista è che se il problema non sarà risolto in tempi brevi ci saranno “cambiamenti irreversibili, ovvero le imprese perderanno la capacità di ripartire”. Una vera e propria emergenza economica, sanitaria e sociale, che investe 450mila persone che abitano la ex repubblica socialista, ma che preoccupa soprattutto la Moldavia e il governo centrale. E proprio per questo, da Chisinau non parlano solo di una crisi di natura economica, ma anche (se non soprattutto) di sicurezza.
Il primo ministro Dorin Recean si è detto sicuro che per quanto riguarda il proprio Paese l’interruzione del flusso di gas si può gestire. Tra produzione nazionale e importazioni, soprattutto dalla Romania, la Moldavia è convinta di poter superare il momento più difficile. E da Bucarest, il ministro dell’Energia, Sebastian Burduja, si è detto pronto adi aiutare i “fratelli” moldavi. L’esecutivo di Recean ha da tempo pensato piani alternativi per evitare di dipendere ancora dai rubinetti del Cremlino. Ma a Tiraspol non la pensano allo stesso modo. L’operatore del gas della Transnistria, Tiraspoltransgaz, ha rispedito al mittente le offerte giunte da Chisinau e da Bucarest giustificando il rifiuto con i possibili aumenti dei prezzi e l’eventuale loro instabilità. E l’impressione è che il braccio di ferro continuerà anche come arma puntata nel cuore della Moldavia, da sempre oggetto delle mire russe al confine dell’Unione europea e dell’Ucraina.
“Mettendo a repentaglio il futuro del protettorato che ha sostenuto per tre decenni nel tentativo di destabilizzare la Moldavia, la Russia sta rivelando l’inevitabile risultato per tutti i suoi alleati: tradimento e isolamento” ha tuonato Recean. E per il suo esecutivo, l’obiettivo di Mosca è innescare un nuovo focolaio di tensione per fare tornare le forze filorusse al potere in tutta la Moldavia. La presidente Maia Sandu, convinta europeista, ha vinto le ultime elezioni ma è riuscita a far passare con molta difficoltà il referendum per l’adesione all’Unione europea. Le forze pro-Occidente non hanno mai avuto dubbi: nella campagna elettorale le interferenze russe sono state pesanti e hanno influenzato notevolmente i risultati.
In ogni caso, l’esito di certo non è piaciuto a Mosca né alle forze legate al Cremlino, che sono pronte a tornare alla carica con le prossime elezioni di giugno, quelle per il parlamento. E il gas potrà essere un’arma, specialmente per l’aumento delle bollette. Il governo moldavo ha detto che risarcirà i cittadini per i prezzi più alti, anche per spegnere possibili tensioni interne. Ma la partita di Tiraspol e dei filorussi è molto più ampia.
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