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Guerra Ucraina

Georgia, la democrazia è appesa ad un filo: il piano di Putin per impedire l’entrata in UE ad un mese dalle elezioni

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Alla vigilia delle elezioni parlamentari in Georgia, previste per il prossimo 26 ottobre, il destino della democrazia di quel paese appare appeso a un filo. Fortissimo è il rischio che queste elezioni siano alterate e truccate dal partito di governo (Sogno Georgiano, di orientamento filorusso) come è avvenuto nel Venezuela di Nicolás Maduro alle elezioni del luglio scorso.

Come l’Ucraina

Le recenti vicende in Georgia, caratterizzate da aspri scontri politici e grandi manifestazioni di piazza, presentano analogie impressionanti con gli avvenimenti che segnarono la storia dell’Ucraina 10 anni or sono. Anche in Ucraina, infatti, un governo ambiguo e corrotto tentò – nel corso del 2013 – di interrompere il processo di avvicinamento del paese all’Unione Europea e di rinsaldare un asse privilegiato con Mosca. Tuttavia, in quella occasione, la rivolta popolare e democratica di EuroMaidan ottenne la cacciata del corrotto Janukovyč e aprì la strada alla svolta filo-occidentale di Kyiv.

Memore di quella esperienza, Vladimir Putin e i suoi sodali georgiani ora sono pronti a fare carte false pur di impedire che la Georgia passi nel campo europeo e occidentale. Nei mesi scorsi, incurante delle immense manifestazioni di protesta, il governo in carica ha approvato la famigerata “legge contro le ingerenze straniere”, in realtà un dispositivo illiberale che consente al governo di agire arbitrariamente contro qualsiasi partito di opposizione. Non a caso, durante la campagna elettorale, il leader populista Bidzina Ivanishvili e il primo ministro K’obakhidze hanno apertamente proclamato l’intenzione di sciogliere tutti i partiti della coalizione d’opposizione (Movimento Nazionale Unito) in caso di vittoria elettorale. La legge approvata, purtroppo, glielo potrebbe consentire facilmente.

Il rischio di brogli è altissimo

Fra pochi giorni, pertanto, il destino della Georgia potrebbe essere segnato. Il rischio di brogli è altissimo, da parte di un governo che si è rivelato privo di quasiasi scrupolo democratico. L’Unione europea deve vigilare attentamente, mantenendo alta l’asticella degli standard elettorali ed esigendo il rispetto degli impegni sottoscritti. Già in passato, proprio un’eccessiva accondiscendenza da parte della Ue ha fornito al governo l’alibi per condurre in porto i suoi disegni illiberali. Gli Stati Uniti, da parte loro, si sono detti molto allarmati per la deriva autoritaria degli avvenimenti. L’Occidente ha il dovere di impedire a Putin di disporre a suo piacere dei destini del Caucaso. La Nato deve dimostrarsi pronta a estendere il suo scudo protettivo ai popoli che ne facciano liberamente richiesta, come già avvenuto in passato per molti paesi dell’area ex-sovietica e più di recente con Svezia e Finlandia.

Attraverso questo giornale, rivolgiamo un accorato appello ai direttori di tutte le testate, affinché sulla drammatica vicenda georgiana si accendano i riflettori e si mantenga ben desta l’attenzione dell’opinione pubblica italiana ed europea. L’aspirazione del popolo georgiano a un futuro di sviluppo, benessere, libertà e democrazia, deve vivere.

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Guerra Ucraina

Netanyahu tra solidarietà di Trump e l’avvicinamento a Putin: Russia arbitro Medio Oriente, l’idea che piace a Donald

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Tutti gli israeliani dicono di sentirsi oltraggiati e abbandonati per la sciagurata emissione del mandato di cattura della Suprema corte dell’Aja contro Bibi Netanyahu, trattato allo stesso livello dei terroristi di Hamas. E per la scarsa solidarietà internazionale nei confronti Israele. Lo sdegno è unanime, e persino più clamoroso quello degli avversari politici del primo ministro. Si può dire che sul piano interno, mai come in questo momento Netanyahu è stato tanto forte, benché sia costretto a presentarsi in aula per il processo in cui è accusato di corruzione. Ma Israele, in questo momento, incassa quanto di più solido possa avere: la solidarietà totale di Donald Trump, il più potente alleato dello Stato ebraico come è mostrato anche dai murales fotografici a Tel Aviv in cui sul volto del Presidente americano eletto si leggono le parole “Trump, fai tornare Israele di nuovo grande”, ispirate al motto Maga.

Mentre il mondo aspetta l’insediamento di Trump, il presidente ancora in carica, Joe Biden, tenta di governare la politica estera degli Stati Uniti (per quanto riguarda il Medio Oriente) sulla stessa linea del suo successore (e predecessore): ha posto il veto alla proposta di risoluzione dell’Onu che ordina una cessazione del fuoco a Gaza, ma senza condizionarla al rilascio degli ostaggi ancora in vita. Una tale proposta è stata considerata inaccettabile da quasi tutte le democrazie del mondo e Biden ha poi dichiarato nullo e inefficace negli Stati Uniti il mandato di cattura emesso dalla Suprema corte dell’Aja, il braccio giudiziario dell’Onu, che ha già emesso un mandato di cattura per Vladimir Putin accusato di aver fatto deportare in Russia migliaia di bambini ucraini strappati alle loro famiglie dopo l’inizio dell’invasione. I Paesi che avevano proposto la risoluzione che ordinava l’immediata cessazione dei combattimenti senza fare alcun accenno alla sorte degli ostaggi ancora in vita sono dieci e il loro documento è stato bloccato dal rappresentante americano all’Onu usando il diritto di veto riservato ai Paesi vittoriosi nella Seconda guerra mondiale. Anche Biden è d’accordo: i mandati di cattura emessi dall’Alta Corte dell’Aja non hanno alcun valore sul suolo americano nel programma repubblicano la diffidenza nei confronti dell’Onu è dichiarata.

Nel frattempo, Trump ha rilasciato una lunga dichiarazione in video del tutto inusuale e decisamente antirusso. Affermando che sotto la sua amministrazione “gli Stati Uniti proteggeranno tutti i loro alleati (senza nominarli ma riferendosi all’Europa) minacciati dai lanci di qualsiasi tipo di missile a corta o lunga gittata. E ha aggiunto che gli Usa non permetteranno ad alcuno di intimidire Paesi alleati e indipendenti. Si tratta di un vero capovolgimento della sua dottrina anti-Nato che minacciava l’abbandono degli alleati che non spendono abbastanza nella difesa.

Il suo discorso è arrivato a poche ore dal lancio di un nuovo missile russo: un missile sperimentale a testata multipla, creato per far partire un ventaglio di diverse testate nucleari. Il missile che è stato usato era armato con esplosivi convenzionali, ma la sua specificità – medio raggio per bersagli multipli – sta nel messaggio implicito: siamo pronti ad usare questo prototipo come vettore nucleare. Per rafforzare il significato, il ministero della Difesa russo ha an nunciato il suo lancio al Pentagono americano trenta minuti prima. L’uso di questa nuova arma assume un significato sinistro se si considera che viene subito dopo la diffusione della cosiddetta dottrina miliare atomica russa secondo la quale il Cremlino considera suo diritto lanciare atomiche contro i Paesi che possiedono armi nucleari e che armano l’Ucraina con missili convenzionali a lunga gittata. Per ora i Paesi che hanno fornito missili a lungo raggio all’Ucraina (che li ha subito usati) sono gli Stati Uniti e il Regno Unito.

Ma ecco una seconda sorpresa che riguarda la politica estera di Trump. Ne dà notizia principalmente il Wall Street Journal, ma non solo. La premessa che è sfuggita per lo più a tutti è che Israele ha ripreso i rapporti con la Russia di Putin, dopo lo sdegno per la solidarietà del presidente russo nei confronti di Hamas i cui capi furono ricevuti al Cremlino con tutti gli onori dopo i crimini del 7 ottobre 2023. La Russia ha rilanciato il suo rapporto riservato se non segreto con Israele. In questi anni la Russia, più ancora dell’Iran, ha rifornito il movimento sciita di Hezbollah con armi di alta qualità da usare contro Israele. Israele è stata informata sia dagli americani che dagli stessi russi che hanno aperto un tavolo di trattative con Israele (di cui è ben a conoscenza Trump, come la Casa Bianca e il dipartimento di Stato) per trovare una soluzione che chiuda le due guerre – Ucraina e Medio Oriente – concedendo qualcosa alla Russia in cambio di una certa flessibilità con Kiev.

L’idea, caldeggiata da Trump e con il consenso di Israele, sarebbe quella di concedere alla Russia un ruolo di arbitrato e di influenza sul Medio Oriente, un’area dalla quale gli Stati Uniti vogliono ritirarsi salvo mantenere una presenza militare che garantisca Israele. Israele sarebbe sollevata dall’incubo degli Hezbollah che lascerebbero il Libano e potrebbe dare inizio con l’Arabia Saudita al famoso “Accordio di Abramo” per un rinascimento tecnologico e commerciale in tutto il Medio Oriente, relegando ai margini il regime di Teheran che in questo momento è sotto sorveglianza internazionale per aver violato gli accordi sull’uranio arricchito.

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Escalation coreana: “Truppe al fronte”

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Diecimila soldati di Kim pronti a combattere. Putin ringrazia con petrolio, orsi e un leone

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La norma si applicherà ai debiti contratti prima del 1° dicembre 2024 e ne beneficeranno coloro i quali sottoscriveranno un contratto di arruolamento di almeno un anno

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