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Guerra Ucraina

Garanzie e piano di pace: asse tra Meloni e Zelensky

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Faccia a faccia di 40 minuti. La premier: “Non molleremo Kiev”. Il leader ucraino: “A novembre road map per Biden, Harris e Trump”

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Guerra Ucraina

“La guerra in Ucraina ci danneggia”: spunta il dossier che rivela i timori di Mosca

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Il Financial Times riporta il contenuto di un documento governativo russo dal quale emergono tutte le preoccupazioni del Cremlino. Il messaggio ai Paesi dell’Asia centrale: “dovranno prendere una decisione”

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Guerra Ucraina

Zelensky apre al negoziato solo con la “polizza”: Trump cerca Putin ma i due rimangono ambigui. E l’Europa s’illude di avere voce in capitolo…

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Volodymyr Zelensky è pronto. Questa settimana sarà lui stesso alla Conferenza per la sicurezza di Monaco. E l’appuntamento potrebbe essere un importante giro di boa. Nella città tedesca saranno presenti anche l’inviato di Donald Trump per il conflitto russo-ucraino, Keith Kellogg, e il vicepresidente degli Stati Uniti, JD Vance. E anche se Kellogg non presenterà a Monaco il piano di pace ideato dal suo presidente (perché fonti atlantiche hanno detto che “non è pronto”), non è un mistero che la delegazione Usa sarà lì in Baviera per parlare con Zelensky e con gli altri interlocutori sulle idee della Casa Bianca riguardo la risoluzione del conflitto.

Zelensky ha capito che le trattative sono alle porte. Da un lato, il presidente se lo augura, perché l’Ucraina è stanca, disillusa, provata dai bombardamenti che continuano anche in questi giorni (ieri si sono registrati due morti nei raid russi sulle province di Donetsk e di Kherson). E il Paese sa che l’Occidente, sempre meno convinto di un sostegno a oltranza, potrebbe cedere di fronte alle pressioni di Trump e alla necessità di chiudere un capitolo così impegnativo per tutto il sistema europeo. Dall’altro lato, però, Zelensky è anche consapevole che il negoziato deve essere il frutto di un approccio che non metta da parte gli interessi ucraini, né quelle garanzie che Kiev si è guadagnata con una resistenza di tre anni e con un notevole tributo di sangue. Ed è su questa sottile linea rossa che si gioca tutto.

Ieri, Zelensky è stato di nuovo chiaro. “Un conflitto congelato porterà ad ancora più aggressioni” ha detto alla Itv, “chi passerà alla storia come vincitore? Nessuno. Sarà una sconfitta assoluta per tutti, sia per noi, come è importante, sia per Trump”. “Se mi fosse chiaro che America ed Europa non ci abbandoneranno e ci sosterranno e forniranno garanzie di sicurezza, sarei pronto per qualsiasi formato di colloqui” ha proseguito. Ma gli alleati non sembrano affatto uniti. Perché l’arrivo di Trump ha cambiato le carte in tavola. The Donald cerca soprattutto il dialogo con Vladimir Putin. E sul giallo della telefonata tra i due leader, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha evitato anche ieri di dare dei dettagli in più. “Non posso né confermare né smentire”, ha detto Peskov. E il mistero è stato alimentato anche dalle parole del viceministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov, che a Ria Novosti ha detto che “ci sono alcuni contatti” tra le due potenze. “In generale, il processo è in corso”, ha detto Ryabkov, che però ha anche spento i facili entusiasmi. “I segnali, per quanto importanti, possono essere di qualsiasi tipo, ma in pratica non vediamo alcun cambiamento nella rotta che Washington ha perseguito negli ultimi tempi”, ha poi continuato il viceministro.

Mosca continua a giocare su un’ambiguità di fondo. Dice che ci sono contatti ma allo stesso tempo non rivela se sono stati tra i due presidenti. Non chiude ai negoziati né apre del tutto. Anche l’ambasciatore russo presso le Nazioni Unite, Vassily Nebenzia, ha rilasciato un’intervista in cui ha usato toni particolari: “Siamo a favore della pace, non di una tregua, e la pace è possibile solo se vengono soddisfatte le nostre condizioni ben note e ripetutamente espresse”. E l’impressione è che lo “zar” abbia deciso di giocare una partita attendista, in cui da un lato preme sul campo di battaglia, dall’altra vuole vedere fin dove Trump è disposto ad arrivare per chiudere il match.

Di certo, però, c’è che il dialogo tra Russia e Stati Uniti rischia di avere almeno due vittime. Una è Kiev, l’altra è l’Europa, che subisce le conseguenze della guerra senza avere realmente voce in capitolo in questo dossier fondamentale anche per il suo destino. Zelensky continua a dire di volere anche Bruxelles al tavolo delle trattative. Ieri, la portavoce per gli Affari Esteri, Anitta Hipper, ha ripetuto “sull’Ucraina la nostra posizione è chiara: niente sull’Ucraina senza l’Ucraina e l’Europa al tavolo”. Ma se Putin non sembra avere troppo interesse a coinvolgere governi che lui considera alla stregua di “traditori”, anche Trump non appare molto intenzionato a dialogare con l’Europa. Con il Vecchio Continente ha ancora diversi conti da saldare, specie sul surplus commerciale. L’Ue sta tentando di calmare il presidente Usa con il dialogo e concessione sia sull’energia che sulla spesa per la difesa. Ma la diplomazia, per il tycoon, è una cosa semplice, diretta, priva di quella che lui considera eredità del passato. E l’Europa, nella mente di Trump, rischia di essere solo un terzo incomodo.

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Guerra Ucraina

Tutte le ombre sulla pace di Monaco

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A Monaco, nel 1938, si discusse del destino della Cecoslovacchia e non dell’Ucraina, ma non mancano inquietanti similitudini

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