Guerra Ucraina
Conte e l’odioso blitz di Hamas, il vergognoso doppiopesismo di chi ha occhi solo per Putin e dimentica la mattanza contro Israele
A volte forsennato, altre intimorito come un gatto di fronte a un branco di leoni. No, quello di Giuseppe Conte non è bipolarismo. È un vergognoso doppiopesismo mostrato senza alcun pudore, spiattellato davanti alle telecamere con estremo orgoglio. Lo abbiamo visto alla Camera – munito di giacca e cravatta – scalmanarsi, scaraventarsi contro l’invio di armi all’Ucraina e diventare paonazzo: urla, sbracciate, scatti furibondi. E qualche goccia di saliva che ogni tanto sgrillettava qua e là. Invece per l’orrore del 7 ottobre nel cuore di Israele, in veste meno formale, sotterra la veemenza e indossa il mantello della timidezza. Opportunismo, si dirà. Magari. Invece è una sfacciata convinzione del leader grillino.
Il camaleontismo di Giuseppi
D’altronde ci sarà un motivo se Donald Trump lo ha chiamato «Giuseppi». Il camaleontismo, la vera fortuna politica del fu avvocato del popolo, ci ha insegnato che esistono diversi volti del presidente 5 Stelle. Ad esempio il Giuseppe 1 rivolge accuse al veleno, con tono imperioso e sguardo fulmineo, a chi osa sostenere militarmente la resistenza di Kiev contro Mosca: «Fermatevi: ci state portando in guerra con la Russia! Ci state portando dritti alla Terza guerra mondiale». Come se qualcuno si divertisse a scatenare un conflitto planetario. Poi c’è il Giuseppe 2 che, in prima linea alla Marcia per la Pace ad Assisi, etichetta il Sabato Nero come «un odioso blitz». «È stato orribile e ignobile».
L’odioso blitz…
Però dai, è stato un raid di durata breve, «di poche ore». Eppure, considerando l’impeto mostrato in Aula contro quella manica di guerrafondai, ci si aspettava che il suo arsenale fosse munito di ben altri colpi. Mattanza. Carneficina. Massacro. Un delitto contro l’umanità. Una ferocia peggiore di un animale da preda. C’erano infiniti termini per parlare della strage di Hamas, ma il moralista di Volturara Appula ha scelto «odioso blitz». Ma sì. Detestabile, sgradevole, da condannare, brutto. Tutto qui?
Il Conte 3 che vede solo la barbarie di Israele
C’è spazio anche per il Giuseppe 3, gemello di Giuseppe 1, che si traveste da guerriero e passa all’attacco. «Un crimine di Stato», «Una delle pagine più ignobili della storia dal secondo Dopoguerra a oggi», «Un orrore», «La barbarie più assoluta». No, non sta giudicando i crimini dei terroristi tagliagole ma la risposta di Israele. E prova a far leva sul lato emotivo: «Donne, bambini con proiettili piantati nella testa…». Una crudeltà, siamo d’accordo. Allora perché si parla di «odioso blitz» di fronte a famiglie massacrate, donne stuprate, civili trucidati, bimbi decapitati e persone prese in ostaggio da usare come merce di scambio? La scia di sangue, l’odio e la brutalità di Hamas meriterebbero gli epiteti peggiori. Ammesso che si abbia il coraggio, la volontà e la dignità di farlo.
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Guerra Ucraina
Zelensky e la settimana della diplomazia per una “pace giusta”. Ora servono più armi contro la Russia
Londra, Parigi, Roma, Berlino. Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky quello di questa settimana è un vero tour de force diplomatico, che per quanto riguarda l’Italia ha un duplice valore, visto che prima è stato programmato l’incontro di ieri con la premier Giorgia Meloni e oggi quello con Papa Francesco in Vaticano. Un viaggio tra le principali capitali europee con lo scopo di non far dimenticare al Vecchio Continente la guerra che dal febbraio del 2022 sconvolge Kiev.
Il punto
Zelensky sa che questo è un momento cruciale per la sua agenda estera. La situazione sul campo di battaglia è difficile, con le forze russe che non mollano sul fronte orientale e aumentano la loro pressione per riuscire a conquistare più villaggi possibile nel Donbass. E mentre le forze di Mosca marciano in direzione di Pokrovsk, le forze ucraine continuano a chiedere quello che ormai è la costante di tutte le richieste di Kiev agli alleati: più armi, più sistemi per la difesa aerea e soprattutto l’autorizzazione a utilizzare le armi a lungo raggio fabbricate in Occidente, anche per colpire all’interno della Federazione Russa. Richieste chiare, che Zelensky pone da tempo agli alleati. Ma le discussioni nell’Alleanza atlantica non si sono mai fermate, complici i dubbi di molti paesi membri riguardo le implicazioni politiche di questo semaforo verde e l’efficacia sul campo di battaglia. Effetti che per molti sarebbero ridotti, o comunque troppo pochi rispetto ai rischi di un’eventuale reazione del Cremlino e al potenziale allargamento del conflitto anche tra Russia e Nato.
Tensione massima
Superare queste ultime cosiddette linee rosse è essenziale per Zelensky che – dopo la decisione di invadere l’oblast di Kursk ad agosto – ha fatto capire che le sue truppe, per quanto provate da anni di resistenza e da un reclutamento via via più ridotto, possono ancora colpire nel cuore della Federazione così come fanno le forze aeree con i droni. Ieri mattina l’esercito russo aveva detto che la sua contraerea aveva “distrutto e intercettato 92 droni aerei ucraini”, di cui 47 nella regione di Krasnodar, nel sud-ovest del paese, e 12 proprio nella regione di Kursk. Altri 15 droni sono stati intercettati sul Mar d’Azov, mentre diversi velivoli sono stati abbattuti negli oblast Rostov, Bryansk, Belgorod, nella penisola di Crimea e nell’area di Voronezh. E il segnale lanciato da Kiev è che – a determinate condizioni – le sue forze potrebbero colpire in maniera ancora più pesante le truppe e il territorio russo, cercando così di alleggerire il fronte orientale e la controffensiva di Mosca nel Kursk, dove l’Armata vorrebbe concludere la riconquista entro questo mese (almeno nelle più rosee previsioni di Vladimir Putin).
La pace giusta
Zelensky è convinto che sia possibile cambiare gli equilibri, anche per evitare di arrivare al negoziato con un fronte orientale indebolito e con l’operazione dentro la Federazione russa che rischia di vacillare. È anche per questo che il presidente ucraino è in Europa. Perché – nonostante la cancellazione del vertice nella base tedesca di Ramstein – il leader del paese invaso sa che è necessario tenere alta l’attenzione e convincere i suoi partner che non è possibile, in questo momento, arrivare a un’intesa con il Cremlino. Lo ha confermato lo stesso Zelensky parlando ieri a Parigi al termine dell’incontro con Emmanuel Macron, quando ha detto che il cessate il fuoco “non è un argomento delle nostre discussioni”. “Non abbiamo parlato di un cessate il fuoco”, ha ribadito il capo dello Stato, che ha invece sottolineato di nuovo la necessità di ricevere più aiuti possibili prima che arrivi l’inverno. Una stagione che si preannuncia durissima per la popolazione ucraina, non solo per le privazioni della guerra ma anche per le conseguenze dei bombardamenti russi su larga parte delle centrali elettriche del paese. Il pericolo di un inverno al buio e al gelo è estremamente elevato. E, nonostante l’impegno promesso anche dall’Unione europea per aiutare Kiev su questo tema, Zelensky e il suo governo sanno che l’attenzione deve essere massima.
Ne ha parlato con Macron, così come a Londra ne ha discusso con il primo ministro Keir Starmer e il nuovo segretario generale della Nato, Mark Rutte, con i quali ha parlato anche di “integrazione euro-atlantica e rafforzamento militare dell’Ucraina”. “Questi sono i passi che creeranno le migliori condizioni per ripristinare una pace giusta”, ha detto il presidente ucraino su X. Ma sull’integrazione nell’Alleanza e le discussioni riguardo l’eventuale ingresso di Kiev è arrivato un nuovo durissimo commento da parte dell’Ungheria di Viktor Orbán. Il ministro degli Esteri Péter Szijjártó, a margine del Forum internazionale sul gas di San Pietroburgo, ha detto che “se l’Ucraina venisse accettata come membro della Nato nelle attuali circostanze, significherebbe lo scoppio di una Terza guerra mondiale”. E queste parole confermano che in ambito Nato e Ue il dibattito rischia di farsi sempre più acceso.
Da Bruxelles, però, su Kiev non c’è alcuna marcia indietro. Rutte, che pure ha ammesso che la Russia – al netto delle perdite – sta avanzando sul fronte orientale dell’Ucraina, ha ribadito l’impegno ad aiutare politicamente e militarmente il paese. E i documenti trapelati dai media tedeschi hanno lanciato un segnale cristallino sull’attenzione della Nato riguardo il fianco est, visto che si parla di un aumento di 49 brigate “combat ready” entro il 2031. In sostanza, 150mila uomini in più pronti a essere schierati in caso di necessità.
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